OMELIA
E’ bello e significativo ritrovarsi stasera a celebrare l’Ultima cena del Signore con un’assemblea così ricca e varia…e particolarmente fatta da voi bambini che vi state preparando a ricevere il prossimo mese Gesù Eucaristia, da voi ragazzi che camminate con i vostri catechisti verso il dono dello Spirito Santo, che ci rende presente oggi Gesù risorto, assieme a voi fidanzati che nel percorso che abbiamo vissuto insieme ci siamo stimati nel Signore riscoprendo la sua preziosità nella nostra vita.
IL libro dell’Esodo ha evocato l’immagine dell’agnello, che nell’indicazione di Giovanni Battista sarà Gesù stesso, agnello senza macchia, e poi ha evocato l’immagine del sangue che segnò le case degli Ebrei preservandoli dalla morte, prefigurazione di un altro sangue versato, quello dell’Eucaristia che ci comunica la vita, la vita eterna.
In San Paolo poi, nella lettera ai Corìnzi, abbiamo sentito la più antica testimonianza sulla celebrazione dell’Eucaristia. “Fratelli, io ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: «Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me».
Non abbiamo inventato noi la Messa, ce lo dice l’apostolo, io l’ho ricevuta dal Signore…la Messa è essenzialmente un dono che ci viene fatto, donato, non un prezzo da pagare alla domenica a un Dio lontano! In quella Cena ultima che diventa pasquale, passaggio per la storia dell’Umanità, Gesù va oltre, si dona, si consegna alla nostra assordante indifferenza. Quella Cena che rifacciamo, in obbedienza. Quella cena che è la prima, quella da cui tutto nasce. Quella cena che oggi rifaremo, con fede, silenzio, adoranti. Siamo qui a misurare l'amore di Dio e ne siamo travolti. Ecco, Dio si dona in un pezzo di pane, questo è il fatto sconvolgente.
Queste parole del vangelo invece hanno colpito una bambina che è qui tra noi…"Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi".
Ieri mi ha scritto: Con queste parole Gesù ci vuol far capire che lui ha fatto questo gesto per noi, che è venuto in mezzo a noi per farci da guida e ora che la sua missione è finita, noi dobbiamo andare avanti da soli ad insegnare agli altri. E' come andare a scuola, la maestra, il maestro è Gesù che ci insegna e tutti noi siamo i suoi scolari che dobbiamo imparare. Quando la scuola finisce e sappiamo di non rivedere più la nostra maestra, non dobbiamo essere tristi perché in noi rimarranno per sempre i suoi insegnamenti, come quelli di Gesù… ed è vero la tristezza non è di casa per il cristiano “Non siate mai uomini, donne tristi: un cristiano non può mai esserlo. Non lasciatevi prendere mai dallo scoraggiamento”, ci ha detto più volte Papa Francesco, perché porta nel cuore una ricchezza di insegnamenti testimoniati da una vita donata sino alla fine, quella di Gesù!
Stasera però, unica volta durante l’anno, vogliamo visivamente riprendere un gesto bellissimo di Gesù, quello della lavanda dei piedi che il Vangelo ci ha raccontato....ma non è un ricordo, tanto meno un gesto teatrale sacro, no! E’ davvero Gesù che ci lava i piedi, cioè che si fa nostro servo per amore, E papa Giovanni Paolo II, santo tra qualche giorno, a tal proposito scriveva nella lettera enciclica Ecclesia de Eucaristia Con questo dono il Signore istituiva una misteriosa “contemporaneità” tra quel Triduum e lo scorrere di tutti i secoli» capite allora come noi stasera non celebriamo un ricordo, tanto meno con nostalgia, ma in “forza del sacramento che interpella la mia libertà Gesù Cristo mi è contemporaneo può essere il mio Salvatore, il mio dolce Redentore.”
E sempre papa Giovanni Paolo II in una sua omelia per questa Messa del Giovedì santo, così scriveva:
Che cosa significa: “Li amò sino alla fine?”. Significa: fino a quel compimento che doveva avverarsi nella giornata di domani, il Venerdì Santo. In tale giorno si doveva manifestare quanto Dio ha amato il mondo, e come, in quell’amore, sia giunto al limite estremo della donazione, al punto cioè di “dare il suo Figlio unigenito” (Gv 6,16). In quel giorno Cristo ha dimostrato che non c’è “amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” (Gv 15,13). Il Giovedì Santo, il giorno dell’Ultima Cena, è in un certo senso il prologo di quella donazione: è l’ultima preparazione. E in un certo modo quel che in questo giorno si compiva va già oltre tale donazione. Proprio nel Giovedì Santo, durante l’Ultima Cena, si manifesta cosa vuol dire: “Amò sino alla fine”. Grazie Signore Gesù per questo tuo amore che ci salva, che fa veri i nostri piccoli amori, che li riscatta dal rischio del sempre latente egoismo, amor proprio e li apre a donazioni generose, sulla tua misura, la misura della croce…Amen
PREGHIERA del Cardinal Martini
«Signore Gesù, grazie
perché ti sei fatto riconoscere nello spezzare il pane.
Ci hai incrociati poche ore fa
su questa stessa strada, stanchi e delusi.
Non ci hai abbandonati a noi stessi e alla nostra disperazione.
Hai camminato con noi, come un amico paziente.
Hai suggellato l’amicizia spezzando con noi il pane,
hai acceso il nostro cuore perché riconoscessimo
in te il Messia, il Salvatore di tutti.
Così facendo, sei entrato in noi.
Mentre ora stiamo ritornando dai nostri fratelli,
e il fiato quasi ci manca per l’ansia di arrivare presto,
il cuore ci batte forte
per un motivo più profondo.
Dovremmo essere tristi perché non sei più con noi.
Eppure ci sentiamo felici.
La nostra gioia e il nostro ritorno frettoloso a Gerusalemme,
esprimono la certezza che tu ormai sei con noi.
Resta con noi sempre, Signore,
e alimenta continuamente
il nostro immenso desiderio di te!