PADRE ANTONIO VITALE BOMMARCO
Una memoria che dà coraggio a 10 anni dalla sua morte
di Fr. Apollonio Tottoli O.F.M. Conv.
Venerdì 24 ottobre i frati della comunità Patavina conventuale di Padova ricorderanno l’Arcivescovo e confratello Padre Antonio Vitale Bommarco con una celebrazione nella Cattedrale di Gorizia nella ricorrenza dei dieci anni della sua scomparsa.
Nell’occasione si faranno pellegrini a Monte Santo e al Sacrario di Redipuglia per ricordare il centenario dell’inutile strage.
Per la Provincia conventuale è un anno ricco di memorie, tra le quali quella del concittadino chersino dell’arcivescovo, padre Placido Cortese (+1944), del quale è in atto il processo di Beatificazione.
Nell’occasione Padre Antonio Tottoli, storico della comunità, ricordando che è facile dimenticare anche le figure belle che hanno segnato in profondità la storia e la vita di un Ordine, ha così tratteggiato padre Antonio Vitale, attingendo dal provvidenziale “Diario dell’Anima” (1949-2004) lasciato dallo stesso arcivescovo. Le sue memorie affondano radici capillari nella nostra famiglia provinciale, così che, mentre in esse emerge il profilo interiore del frate, il suo esempio illumina il progetto personale, comunitario e provinciale che da anni andiamo meditando e riformulando nella nostra ricerca di vita francescana.
“Ho cominciato a scrivere in ginocchio”, annota all’inizio del suo diario fra Vitale, la vigilia dell’ordinazione sacerdotale. “Per la grazia divina che lavora in me sento, alla vigilia del mio grande giorno, un bisogno imperioso di tendere con tutte le forze all’offerta, al sacrificio, alla consumazione, in una parola, alla sua santità vera”.
Nel testamento spirituale (11 febbraio 1994) contemplerà con stupore il disegno di grazia compiuto: “A undici anni, con molta sicurezza, ho espresso ai genitori la volontà di essere frate ( …). Ero un ragazzo normale, e con un cammino normale (…). Ma a 19 anni il Signore mi visita con la tubercolosi, e mi relega in sanatorio per 30 mesi (…). Nell’estate del 1945 ebbi una grave ricaduta. Sapevo che lentamente ma inesorabilmente sarebbe arrivata la fine. Per questo avevo quasi deciso di ritornare in famiglia (…). Solo quando mi donai totalmente (professione religiosa, 4 ottobre 1945) e accettai di ritornare in sanatorio (…), solo allora il Signore mi guarì miracolosamente (…). La mia malattia e la mia guarigione sono il punto centrale della mia esistenza e lì trovo le spiegazioni di tutto ciò che il Signore ha operato attraverso la mia povera persona (…). Poi il Signore, contro ogni mia aspettativa, dal 1952 caricò sulle mie spalle il peso del superiorato, fino all’episcopato”.
Di questo cammino religioso il Diario dell’Anima illumina con semplicità e candore i risvolti di soddisfazione e di sofferenza, anche nelle sfumature più intime. Forse per questo, in misura diversa, ogni frate francescano si può ritrovare nella figura di Antonio Vitale Bommarco. Egli ripete continuamente che vuole essere “ uomo di Dio”, anche se realisticamente deve fare o conti con momenti di aridità. Nei quali al fervore subentra l’abitudine, l’attivismo, il calo di tono spirituale. Uomo di azione, pochi sapevano quanto tempo egli dedicasse ogni giorno alla preghiera. Di temperamento deciso, talvolta autoritario, Vitale si sforza di correggersi: “Il mio agitarmi e alzare la voce produce un effetto molto negativo sugli altri, anche se in realtà non sono arrabbiato (…). Devo pazientare di più (…). Devo rivestirmi di mitezza , specialmente con i miei preti”,
Nel Diario dell’Anima stupisce un aspetto che pochi immaginavano in Vitale: la sua intima dimensione affettiva, da lui coltivata e gestita attraverso autocontrollo e autodisciplina, in armonia con la sua consacrazione al Signore. Tutti invece ricordano lo stile di vita povero, sobrio e modesto di questo frate e di questo vescovo. Alieno da ricercatezza, attento ai poveri, agli ammalati e ai carcerati, egli scrive nel testamento: “nella mia vocazione e formazione francescana, per il mio voto di povertà, sono lieto di non possedere niente e perciò non ho nulla e nessun bene materiale da lasciare a parenti o amici”. Alla sua morte lascia invece alcuni debiti contratti per compiere le ultime opere di carità, debiti che suo fratello Alvise si preoccuperà di estinguere. Ripensando a questa bella figura di frate, sentiamo la sua voce inserirsi con discrezione e sicurezza nel contesto della nuova evangelizzazione. E forse il modo più proficuo per celebrare il decimo anniversario della morte del padre Antonio Vitale Bommarco è quello di rileggere il suo Diario dell’Anima insieme con il Progetto provinciale per il quadriennio 2013-2017 e con l’esortazione apostolica Evangelii gaudium: vi troviamo davvero lo stesso progetto di vita cristiana e francescana.