Gradisca ritrova uno spazio di relazione, ma anche un importante patrimonio artistico e architettonico. Sarà inaugurata domenica 29 giugno, in occasione della festa patronale dei Santissimi Pietro e Paolo, la nuova casa canonica dell’Unità Pastorale cittadina. A benedire gli spazi di via Bergamas, recuperati dopo un lungo e delicato intervento, sarà l’Arcivescovo di Gorizia, Monsignor Dino De Antoni, al termine della solenne celebrazione delle 11 impreziosita dal canto della corale “Città di Gradisca”. Nella comunità cristiana della Fortezza era questo un evento atteso da tempo: ma l’iter burocratico, c
on diversi problemi di natura progettistica visti i vincoli sull’edificio - tra i più antichi di Gradisca - aveva fatto slittare non poco i tempi di realizzazione. L’intervento è proceduto di pari passo con quello riguardante il ricreatorio “Coassini”, che sarà invece restituito alla comunità in settembre con una serie di iniziative volte a onorare la memoria del sacerdote-benefattore di cui porta il nome. A finanziare il doppio restauro sono state Regione Friuli Venezia Giulia e Fondazione Carigo per una cifra attorno al milione di euro. “Il recupero, risanamento e restauro della casa canonica non va visto come un mero atto di edilizia – spiega il parroco di Gradisca, don Maurizio Qualizza - ma anche come un pregevole recupero storico e anche artistico”. Il progetto di rinnovare l’immobile sede della Canonica diventa realtà quando l’Amministrazione Comunale rilascia la concessione edilizia anche con il parere della Soprintendenza del Ministero dei Beni Culturali. L’intervento richiesto dalla Soprintendenza era quello di portare l’edificio alla situazione preesistente ai pesanti e incongruenti interventi degli anni Sessanta che lo avevano appesantito e anche sfigurato. Motivo per il quale tutto l‘edificio è stato alleggerito con soffittatura e pavimenti in legno a vista che lo rendono caldo e accogliente. La facciata a fianco del portone d’ingresso sarà arricchita da una scultura raffigurante il Cristo risorto di Michelangelo con, nel cartiglio, la stessa scritta dedicatoria del Duomo che gli sta di fronte, cioè Uni Salvatori Iesu, richiamante una scritta più antica su uno stipite ormai scomparso che designava nel 1700 la casa come casa parrocchiale “La realizzazione del progetto ha perseguito in tutte le diverse fasi gli obiettivi prefissati: recuperare il sistema edificio e riconfermare i sistemi costruttivi originari – commenta l’architetto cormonese Claudio Perin -. Il principio è volto a riconfermare la funzione baricentrica della sede della Parrocchia e di connessione con l’antistante Duomo”. Al piano terra hanno trovato collocazione i locali ad uso ufficio parrocchiale sfruttando spazi già esistenti. Al primo piano l’appartamento del parroco è stato rimodellato ridefinendo alcuni vani anche per possibili ospiti; una serie di finestrature su un antico ballatoio permettono la vista di una piccola corte interna. Le finiture sono state improntate mantenendo lo stesso metodo; materiali naturali con finiture semplici e coerenti con la tipologia dell’edificio: i pavimenti in ceramica con tinte e forme abbinate ai pavimenti esistenti, quali il seminato veneziano presente nell’atrio del piano terra; i pavimenti in legno in tutti i vani del primo e secondo piano adeguando la scelta delle dimensioni e delle tinte a quelli preesistenti; i serramenti interni ed esterni in legno laccato nelle tinte originali. Una unicità di opere che riconferma la volontà di offrire alla comunità una sede parrocchiale ospitale direttamente a contatto con la sede del Duomo con il quale il rapporto funzionale è intrinseco e univoco. Ma di notevole valenza è anche e soprattutto il recupero del’affresco databile tra il XVI-XVII secolo e raffigurante una crocifissione che ora si verrà a trovare proprio nell’Ufficio parrocchiale e quindi fruibile dalle persone. Risale ad epoca piuttosto antica, al punto da supporre che sia addirittura precedente alla realizzazione dell’ufficio stesso. Tale osservazione deriva dal fatto che le travi del soffitto avevano in pratica sfondato l’affresco danneggiando importanti aree figurative. Il restauro conservativo è stato caratterizzato da diverse fasi di attività: il consolidamento, il descialbo a bisturi, la pulitura, la stuccatura, il ritocco. L’integrazione pittorica è stata eseguita ad acquerello per velatura nelle piccole lacune, mentre nelle aree più ampie è stato scelto il rigatino.A riportare le prime notizie relative alla Casa Canonica posta davanti al Duomo di Gradisca è don Francesco Antonio Moretti, sagrestano e sacerdote di questa chiesa dal 1736 al 1782. E’ lui che si impegnò ad iniziare e a proseguire per una ventina di anni le “Cronache parrocchiali”, proseguite poi dai vari parroci, autentica miniera di informazioni sulla storia della Fortezza isontina e della sua gente.
Luigi Murciano