Lunedì 16 luglio ricorrerà l'8° anniversario del ritorno alla Casa del Padre dell'Arcivescovo Padre Antonio Vitale Bommarco.
Alle ore 19.00 in Duomo la S. Messa nella ricorrenza della Madonna del Carmine, tanto cara anche all'amato pastore che ne portava lo scapolare. La liturgia non mancherà di evocare i più bei brani francescani tanto cari a Padre Vitale, anche per questo il suo ricordo di francescano qui di seguito.
RICORDANDO IL VESCOVO PADRE VITALE, FRATE DI SAN FRANCESCO
Padre Vitale ha sempre detto grazie a Dio per tre famiglie che ha avuto in dono da Dio:
La famiglia in cui è nato dalla quale ha avuto la vita
La famiglia francescana nella quale è stato formato
La famiglia della diocesi alla quale ha donato le sue energie.
Amava altamente il termine “FAMIGLIA” perché anche Dio ne ha scelto i termini per qualificarsi: Padre, Madre, Figlio, Sposo e Sposa. Anche in vacanza (ed io ho avuto la fortuna di condividerla con lui per trent’anni) voleva vivere lo spirito di famiglia nella piccola comunità dell’eremo di Prizref. Per assaporare l’aria di famiglia è sempre tornato alla sua nativa Cherso, fuori dal chiasso vacanziero in quella che era la “particella” dove con suo padre e i suoi numerosi fratelli aveva conosciuto l’amore per la campagna e in particolare per gli olivi. Questa “particella” gli evocava sempre la cara “Porziuncola” di san Francesco. Tutti sappiamo come correva in quel luogo di pace e lì viveva la semplicità francescana, povera ma bella, ma soprattutto lì voleva vivere in fraternità, per questo ha sempre voluto la presenza di almeno un frate per condividere la preghiera e il lavoro. Mi rammentava spesso la regola dell’eremo di san
Francesco che voleva almeno due frati nell’eremo, dove uno fosse la madre che provvedeva alle cose necessarie e l’altro il figlio libero, non per divertirsi, ma libero per pregare e
stare con Dio. Queste erano le vacanze del nostro Padre Vitale. Per questo ha sempre apprezzato anche la presenza di Suor Virgilia, sempre sollecita madre che davvero provvedeva con somma discrezione a tutto. Insieme voleva che sempre pregassimo, e le ore erano tante: quando ero più giovane devo ammetterlo mi costavano, ma negli ultimi anni mi aveva insegnato la gioia della preghiera in quella immensa chiesa del creato che si dispiegava dinanzi a noi, comunicandomi il suo gusto per la bellezza di quella natura così primitiva e vicina a Dio. Altra cosa che si viveva in quella “Porziuncola” è stata la semplicità, che io mi ostinavo a chiamare povertà, lui invece la definiva “ricchezza”: chi poteva avere così tanta parte dei doni di Dio? Altro richiamo che mi torna alla mente è la fraternità: non era il Vescovo, non era il superiore, non si atteggiava a guida ma da fratelli, liberamente, si conversava, si pregava, si giocava anche a carte. E non voleva una famiglia chiusa, la voleva sempre aperta, con quanta sollecitudine ospitava e si intratteneva e “tratteneva”chi transitava. Non voleva un appartamento dove appartarsi ma che ci fosse posto per tutti e lo sanno bene i numerosi amici, dai cardinali ai vescovi, dal sindaco Scarano ai pescatori, ai numerosi amici del clero Goriziano e dei frati del suo ordine agli amici turisti, da Vicenza, da Padova, da Roma e avanti da tutta l’Italia. Che vivace e meravigliosa famiglia, che casa grande quella romita casetta di pietra a Cherso, come non rimpiangerla? La nostalgia di quel luogo è tanta ma la nostalgia del Padre che la animava è ancora più grande; sono sicuro che anche in cielo, ricongiunto coi suoi cari genitori e sorelle ed amici, continua a fare famiglia, perché anche Dio l’ha voluta per sé.
Con tanta nostalgia,
fra Renato