E’ bello, prezioso e necessario questo invito di Gesù: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro.» perché così come siamo, sovraccarichi di mille pensieri e occupazioni, da soli proprio non ce la facciamo.
Gesù oggi ripete a noi queste parole perché incontrandoci tocca con mano le nostre fragilità, che per tanti sono indubbiamente fisiche o psichiche, per altri strettamente spirituali, o di riflesso ambientale, famiglia, lavoro, solitudine …
Ecco il Dio che ci cerca, che forse anche noi cerchiamo, Uno che si fa carico, che non volge lo sguardo dall’altra parte, ma da buon Samaritano si ferma e solidarizza, compatisce, cioè patisce con noi e assume, come nella nota parabola, la nostra infermità, il nostro limite. Come Gesù è stato per il Padre il volto umano, la mano tesa all’uomo, il cuore che amava l’umanità, così noi siamo chiamati ad essere la stessa cosa per Cristo in una rinnovata capacità di guardare con misericordia e tendere la mano del cuore a tanti bisogni e fratelli infelici, non dimenticandoci però che anche per noi vale l’invito di Gesù, anche noi siamo bisognosi del suo amore e della sua amicizia, di incontrarlo nella Chiesa, nel pane di vita, nel perdono
Proprio lì in una vita cristiana, ma direi sacramentale, convinta sta la nostra forza e la nostra capacità di fedeltà.
Questo annuncio di speranza, questa parola di vita, ci dirà il Vangelo di domenica prossima10 luglio, ci viene donato con abbondanza con il gesto gratuito e leale del seminatore che è Dio stesso.
Cerchiamo di vincere il terreno cattivo che è presente in noi, la crosta dura dell’asfalto che a volte rende impenetrabile il nostro sentire, l’aridità di quel terreno bruciato dal sole del peccato e dell’egoismo, quelle spine che soffocano le nostre buone intenzioni e le nostre promesse di migliorarci.
Certo dobbiamo metterci un po’ di buona volontà, chiedere l’aiuto a Dio e ai fratelli nella preghiera, ma soprattutto “lasciarci fare”, come dice quel canto, “da Chi ti conosce, da chi ama te” sentirci piccoli davanti a Dio, poveri, bisognosi perché in fondo tutto parte da un sincero sentimento di umiltà.
Proprio come scrisse Madre Teresa, “Io sono come una piccola matita nelle Sue mani, nient'altro, é Lui che pensa, é Lui che scrive, la matita non ha nulla a che fare con tutto questo, la matita deve solo poter essere usata, l'orgoglio invece annienta ogni cosa.
don Maurizio