Celebriamo oggi la domenica del Buon Pastore, secondo la definizione che Gesù da di se stesso: "Io sono il buon pastore che offre la vita per le sue pecore". Eppure, pur avendo conosciuto uno che offre per noi la sua vita, così facilmente preferiamo correre dietro a tante pseudo guide-pastori che pilotano e depredano la nostra esistenza, la nostra persona … E non è difficile riconoscerle perché la cronaca dei giornali è piena ogni giorno. L’uomo moderno crede di poter gestire se stesso, mentre non si conosce nel profondo e di conseguenza combina pasticci, l’unico che è salito su una croce per salvarci, per dare risposta ai grandi interrogativi della nostra é Gesù! Solo lui sa rinunciare a tutto, come ci ricorda il Vangelo di Luca alle novantanove pecore per andare alla ricerca di quell’unica pecorella smarrita e anche oltre, a quelle che apparentemente non sono del suo ovile. Importante sembra essere l’apparenza, va tutto bene! Nessun problema … e poi quando tocchi il dio denaro, quando sei costretto a chiudere la fabbrica, quando perdi il lavoro … ti togli la vita! Perché?
Perché quello era il tuo Pastore, il tuo “dio”. Certo voi che leggete direte: ma io non vivo queste situazioni, però tutto è proporzionato, viviamo esperienze più piccole, più feriali, ma non meno vere e pericolose. Tutto diventa alibi per non riconoscere in Gesù il Buon Pastore, per non andare a Lui, se volete per saltare con facilità la Messa, i momenti di vita della Comunità, i figli, il super lavoro, una malattia in casa, e altre cose molto meno serie … Abbiamo smarrito la strada dell’ovile, abbiamo smarrito l’anima, ci siamo offerti ai mercenari di turno … eppure nonostante tutto Gesù ci viene a cercare, viene a cercarci nella profondità del burrone della nostra esistenza sbagliata, basta che chiediamo aiuto, basta che manifestiamo un po’ di umiltà. Come non riconoscere il fascino di questo Dio, tant’è vero che nel testo greco del vangelo, Gesù si definisce con “Io sono il pastore bello” unico capace di far rifiorire la vita, ci ricorda la Pasqua, dov’è scoppiata la morte? La sua “bellezza” sta nel dare, anzi nell’offrirsi, esperienza che facciamo anche noi, pur drogati da un sentire comune, da una filosofia sociale che ci dice il contrario, accumula, ruba, imbroglia, secondo l’antico detto “mors tua vita mea” che significa in sostanza che la tua sconfitta equivale alla mia vittoria. E questo perché il dare, il darsi, l’amare è la sete più forte del cuore dell’uomo, Dio ci ha fatti così, perché creati a sua immagine e somiglianza. La felicità di questa nostra vita ha a che fare con il dono. E con il diventare anche noi pastori buoni, belli, di un piccolo, minimo gregge, che è anzitutto un “tu” affidato alle nostre cure.
don Maurizio