Essi stavano fissando il cielo mentre egli se ne andava, quand’ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo». Con queste parole sembra che l’autore del libro degli Atti (San Luca) ci inviti a non guardare il cielo … certo se questo è un distogliersi dai problemi reali, dalle nostre responsabilità, dal vivere la fede-religione non come uno stile di vita, ma come un rimandare a “un dopo” tutto ciò che dobbiamo vivere in pienezza qui sulla terra, siamo d’accordo.
Ma oggi che l’uomo per mille motivi “cammina” a testa bassa, non è più capace di sperare, di guardare in alto, di sentire in questa società dove è considerato poco più di un numero, la sua vera dignità, oggi dobbiamo riprendere a guardare il cielo! Perché guardare in alto significa anche guardarsi dentro ….
Basta forse guardare l’indice Dow-Jones, lo spread o il pil ? No! Bisogna anche guardare il cielo, scrutare il senso vero della nostra esistenza, come me l’ha insegnato in questi giorni, raccontando la propria vita , una giovane coppia da poco venuta in comunità. Parole che sentivo ispirate, copiate da nessun libro, che via via emergevano “credibili” dal loro raccontarsi. Parole che facevano riferimento alla positività, alla speranza, alla fiducia nella Provvidenza del Buon Dio. Ed erano confermate dagli occhi trasparenti di due bellissimi bambini che sgattaiolavano per la casa. Ma per avere questa fiducia, speranza e alzare così gli occhi al cielo dobbiamo percorrere la strada di Dio.
Ecco quattro regole indicate da Papa Benedetto XVI:
Primo: occorre «pregare»: «La persona che prega non è mai totalmente sola perché Dio è l’unico che, in ogni situazione e in qualunque prova, è sempre in grado di ascoltarla e di aiutarla».
Secondo: pregare «nel giusto modo»: «Il giusto modo di pregare è pertanto un processo di purificazione interiore. Dobbiamo esporci allo sguardo di Dio, a Dio stesso e così nella luce del volto di Dio cadono le menzogne, le ipocrisie. Questo esporsi nella preghiera al volto di Dio è realmente una purificazione che ci rinnova, ci libera e ci apre non solo a Dio, ma anche ai fratelli».
Terzo: avere «un atteggiamento di umiltà, che non pretende di avere sempre successo, o di essere in grado di risolvere ogni problema con le proprie forze».
Quarto: avere «coraggio»: «il credente sa infatti che, nonostante tutte le difficoltà e i fallimenti, la sua vita, il suo operare e la storia nel suo insieme sono custoditi nel potere indistruttibile dell’amore di Dio». La sofferenza, infatti, non può essere eliminata del tutto, ma la speranza «matura nella sofferenza».
don Maurizio