Ricchissima è pure la parola di Dio di queste due domeniche che ci stanno davanti, purtroppo siamo costretti a una brevità di pensieri per motivi di spazio. Innanzitutto diciamo che la gratuità della vocazione di Amos ci richiama alla nostra vocazione-vita che anche se non è collocata in un gradino sociale elevato, è ugualmente preziosa perché è stata pensata e amata da Dio stesso. Spesso il profeta di turno è e si sente povero e incapace, stupito della “chiamata” di Dio: "Sono un uomo dalle labbra impure” (Isaia)". "Sono giovane e non so parlare, manda qualcun altro" (Geremia). "Non ero profeta, né figlio di profeta” (Amos). Ma la vocazione è significativa se risponde con verità all’invito di Gesù, quello di viverla in semplicità “e ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche.” Dove il primato, con immagini forse datate dal tempo, ma anche sempre suggestive e attuali, non è nelle cose, nelle strategie, nell’eloquenza della parola, nelle possibilità di vario genere, ma nel rapporto personale. Non importa poi se ci sarà un rifiuto, perché sarà segno solidale con il rifiuto riservato a Gesù steso. L’azione poi non dev’essere un attivismo esasperato, non deve correre sui binari dell’efficientismo moderno, ma deve avere i “tempi di Dio”, certo l’azione ma non meno la contemplazione, ecco allora il richiamo di Gesù «Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’». Non siamo noi soli ad agire e ancor di più non noi per primi, è lo Spirito, la presenza di Dio nella storia che ci conduce e lo si può riconoscere e gioire solo nel momento contemplativo, il settimo giorno della Creazione. Viviamo allora questo tempo con un po’ più di preghiera, con una sosta che ci rinfranchi, riconoscendo anche nella nostra storia l’azione benevola e misericordiosa del Signore.
don Maurizio