Maestro, quell'uomo non era dei nostri, “non ci seguiva” dice la nuova traduzione, credo impoverendo il significato. Strana questa affermazione degli apostoli, invece di gioire per il bene dato da vedere, la liberazione dal demone del male, pensano al loro clan, giocano di difesa per il loro gruppo, le loro prerogative, un po’ come domenica scorsa quando discutevano per strada “chi fosse più grande”. E’ sempre così, ci sono tutte le buone intenzioni, ma basta così poco perché emerga quel desiderio di emergere di alzare steccati, di dividere tra buoni e cattivi, puri e impuri, “noi” e “gli altri”. E’ un po’ la malattia dell’istituzione, della forma, per Gesù invece viene prima di tutto l’uomo e ancor più se malato, povero, senza difesa. Perché Dio ci ha creati per la felicità e finché questa è negata, lui è impaziente, perché la salute, la felicità, la vita non possono aspettare.
Il Vangelo oggi ci dice che “si può essere di Cristo senza appartenere al gruppo dei dodici. Trasferito nel nostro mondo: si può essere uomini di Cristo senza essere uomini della chiesa, perché il regno di Gesù è più grande della chiesa, e la chiesa finirà mentre il regno dei cieli è eterno.” (E.R.) Questo fatto ci invita a cogliere e tenere in considerazione tutti i piccoli segni di bene e di bellezza, perché al di là delle apparenze, anche oggi il Signore dice: "Io ho un popolo numeroso in questa città".
Il Vangelo termina con parole dure: Se la tua mano, se il tuo piede, se il tuo occhio ti scandalizzano, tagliali. È un linguaggio figurato per dirci che forse dal nostro vocabolario di fede dobbiamo finalmente “tagliare” cioè escludere tante parole, pensieri, convinzioni ed aprirci al nuovo, anzi alla novità di Dio che anche oggi ci viene donata. Come cinquant’anni fa con l’evento del Concilio Vaticano II si toccò con mano una nuova primavera della Chiesa, così oggi, vogliamo chiedere al Signore occhi di fede per guardare i segni di una nuova primavera della Chiesa pur in un clima che ci sembra palesemente invernale.
Con il cuore aperto alla speranza ci prepariamo all’ormai imminente venuta in mezzo a noi del nuovo Arcivescovo Carlo.
don Maurizio