Il Vangelo ci dice oggi che “in quel tempo, mentre Gesù partiva da Gèrico insieme ai suoi discepoli e a molta folla”, la meta era Gerusalemme, eppure dopo tanto “stare con Lui” e “vedere i segni prodigiosi” rimarcati dal vangelo le domeniche precedenti, ancora gli apostoli non capiscono il suo messaggio e il mistero della sua persona. In quest’ultima tappa del suo andare sembra che ancora una volta sono proprio gli ultimi, i poveri a intuire il mistero di Dio che si cela nel giovane Rabbì di Nazareth. Tra i tanti poveri c’è Bartimeo che in qualche modo diventa per Marco “il modello del discepolo”. Certo dapprima anche lui vive la propria vita come sopravvivenza, non sa e non può far altro che tendere la mano, cercare una “materialità”, elemosinare la vita. Ma solo sentendo che passa Gesù, vince qualsiasi paura e rispetto umano e grida la sua fede «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!».
E in questo improvviso e fortunato incontro Gesù con quel «Chiamatelo!». Rivolto agli apostoli li investe di una missione, portare a Lui l’Uomo, essere a servizio di una mediazione di salvezza, essere nel mondo quella presenza incoraggiante «Coraggio! Àlzati, ti chiama!» che permette l’incontro, una visione positiva, bella del volto di dio, noi diremmo dell’esperienza di fede. “Bartimeo è fermo ai lati della strada, non può far altro che aspettare”, questo ci dice che davvero tutto è grazia, che l’iniziativa è comunque sempre di Dio, ma è importante aprirgli il cuore, “gridare” il nostro bisogno, gettarci alle spalle come lui fa le nostre sicurezze e la nostra vita di prima (mantello) e così sperimentare la vita nuova, la risurrezione, uno spazio di eternità. “Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù”. «Va’, la tua fede ti ha salvato» E’ ancora una volta la fede che salva, che dà vita piena, che ci riscatta dallo stare ai bordi della strada, cioè della vita. Come scriveva don Tonino Bello nell’insuperabile scritto “un’ala di riserva”, Bartimeo passa dal rosicchiare la vita a librarsi con Gesù nell’avventura di una vita libera. “Insegnami, allora, a librarmi con Te. Perché vivere non è “trascinare la vita”, non è “strappare la vita”, non è “rosicchiare la vita”. (don Tonino Bello). E’ un augurio per ciascuno di noi.
don Maurizio