Gesù è un grande osservatore. Non è uno di quelli che guardano superficialmente senza vedere le persone e le cose come sono realmente, ma è capace di cogliere i veri sentimenti delle persone, riesce a svelare le intenzioni più profonde e a mettere in luce quello che del prossimo spesso rimane sepolto.
Gesù non si lascia ingannare dai gesti religiosi ampi e vistosi degli scribi e farisei. Dietro la loro vita religiosa apparente integerrima, Cristo vede la loro cattiveria e lontananza dai veri insegnamenti di Dio.
Gesù non si lascia distrarre dalla folla dove tutti fanno la stessa cosa (gettare monete nel tesoro del Tempio di Gerusalemme), ma riesce a notare il piccolo e apparentemente insignificante gesto di questa vedova. E oggi proprio queste vedove ci insegnano cosa sia la carità, carità è aver fiducia nel Signore, è anzitutto la fede! E sono capaci tale grandezza d'animo perché sono povere.
Anzi il loro stato che è “di grande dolore, di lacerazione interiore, di frantumazione di affetti” diventa lo spazio nel quale dio può intervenire, far sentire la sua delicatezza, il suo amore, al sua forza. La vedova della prima lettura, di Zarepta di Sidone, fuori dal territorio di Israele, ci ricorda il valore dell’accoglienza dello straniero, dello sconosciuto (il profeta Elia). Non vive questa accoglienza del “diverso” come paura e l’accoglierlo si rivela ricchezza, futuro per la sua povera vita, speranza concreta. Domanda: e noi siamo capaci di vincere le paure, anche delle cronache del nostro tempo, e cogliere la ricchezza umana, spirituale che ci possono portare? E noi che cosa abbiamo da offrire al Signore? Suonando le trombe o con un gesto silenzioso di squisita tenerezza?