La domenica corrente, posta verso la fine delle nostre vacanze estive, ci invita a riflettere su quali siano i requisiti per essere salvati, cioè per entrare nel regno di Dio, nella vita nuova e piena di cui Gesù ha parlato nel corso della sua predicazione.
Innanzitutto, come riporta la prima lettura, ci deve essere chiaro che l'invito non è rivolto solo a chi ha avuto il dono di conoscere e ricevere direttamente l'annuncio del Vangelo, ma a tutta l'umanità,
da qualunque parte del mondo provenga e in qualunque modo sia giunta alla conoscenza o all'intuizione dello stesso Dio.
La rappresentazione che il profeta Isaia evoca con le sue parole è opposta a quella nota di Babele: le genti allora si disperdevano, ognuna con una sua lingua e sue usanze, senza apparentemente nulla in comune. . In realtà le genti sono radunate da unelemento comune, la fede nell'unico Dio, seppur pronunciata e manifestata in modo diverso. Se tutte le genti sono chiamate, chi fra queste sarà salvato?
La domanda che viene fatta a Gesù nel Vangelo, da un “tale”, uomo senza volto e senza nome, tradisce una vana curiosità e la convinzione di fondo che soltanto i membri del popolo eletto o le persone "per bene" di Israele otterranno la salvezza, così pensavano infatti i farisei.
La salvezza non si merita con delle pratiche ma si accoglie. La salvezza non è una cosa che ci capita dopo la morte alla fine dei tempi, ma qualcosa in cui possiamo dimorare nella nostra vita oggi! E’ la consapevolezza di far parte di un grande progetto, quello di Dio, è la gioia dell’anima di sapersi esistenti nel cuore di Dio. Gesù vuole che tutti si salvino, possano sperimentare la salvezza di Dio…
Eppure quel concetto farisaico è finito nel cristianesimo…e ci ha contagiati tutti. La parola di Dio oggi, come sempre, ci provoca, dovrebbe farci pensare, specialmente in quell’ultima frase della pagina evangelica, dove
il Signore dichiarerà, a coloro che lo invocano e battono alla sua porta,“Voi, non so di dove siete.”. Non essere riconosciuti da chi pensiamo diservire, da chi pensiamo di aver creduto, di aver saputo qualcosa sul suo conto…dovrebbe farci davvero pensare sul nostro essere cristiani.