Il Vangelo di oggi ha un passaggio che a prima vista può lasciarci perplessi, laddove dice: "Il padrone lodò quell'amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza". Tant’è vero che queste parole hanno fatto sì che qualcuno abbia battezzato questa parabola come quella dell'amministratore disonesto. In verità il Signore di quell’ amministratore salva non la furbizia, ma la capacità di pensare al futuro, a quando la disonesta ricchezza "verrà a mancare". Quell'uomo infatti, davanti ad una situazione d'emergenza, quando era in gioco tutto il suo avvenire, ha dato prova di due cose: di estrema decisione e di grande scaltrezza. Ha agito prontamente e intelligentemente (anche se non onestamente) per mettersi al sicuro. Egli non ha rimandato al domani, non ci ha dormito sopra. È in gioco qualcosa di troppo importante per affidarlo al caso.
Allora anche noi non dobbiamo rimandare a domani quello che possiamo e forse dobbiamo fare oggi. Anche per quanto riguarda la ricchezza, il denaro, che non deve diventare un idolo, non deve servirsi di noi, ma rimanere un mezzo per fare il bene. Ce lo ha richiamato l’altro giorno nella sua omelia del mattino Papa Francesco dicendo, "l'avidità del denaro, infatti, è la radice di tutti i mali". Presi da "questo desiderio", ha detto, "alcuni hanno deviato dalla fede e si sono procurati molti tormenti". E con amarezza ha aggiunto: "E' tanto il potere del denaro, che ti fa deviare dalla fede, pure", addirittura "ti toglie la fede: la indebolisce e tu la perdi!"."Il denaro anche ammala il pensiero, anche ammala la fede e la fa andare per un'altra strada. Ecco allora la solidarietà, la misericordia con chi non ha (i debitori di cui parla il Vangelo), i poveri, sono, diceva sant'Agostino, i nostri corrieri e i nostri facchini: ci permettono di trasferire, fin da ora, i nostri beni nella casa che si sta costruendo per noi nell'aldilà.
Chiediamo al Signore di poter vincere il rischio di questa deformazione interiore del cuore e della mente. "È con i nostri patrimoni che diventiamo fratelli", scriveva Tertulliano nei primi tempi del cristianesimo. E san Massimo di Torino, in antitesi alla miseria spirituale del ricco egoista, diceva che "l'uomo misericordioso diviene più ricco, quando comincia a possedere di meno per il fatto di donare ai poveri".
Tra i beni che ci arricchiscono poi ci sono le persone, capaci di darci molto, ma che sono irriducibili a semplice strumento, devono invece diventare dono reciproco, occasione e mezzo di salvezza, cioè di gioia profonda, di realizzazione, per possedere un cuore finalmente pacificato.
don Maurizio