"In una trappola mortale di fuoco e di acqua si è consumata poco prima dell'alba di giovedì una delle più gravi tragedie delle migrazioni in Mediterraneo". Così l'Osservatore Romano denunciava in questi termini l'ennesima tragedia al largo di Lampedusa che ha registrato un numero altissimo di morti e tanti strappati alla morte certa dal coraggio e dalla generosità dei soccorritori, dei quali cinquanta arrivati nella struttura del Cara di Gradisca che con alcuni volontari della Caritas ho visitato il 4 ottobre, festa di San Francesco, portando vestiario invernale a chi ha perso tutto. Quella che ha riempito di amarezza e dolore queste nostre giornate, non è solo una disgrazia, ma frutto di una grandissima responsabilità, di scelte mancate da parte dell’Italia e soprattutto dell’Europa attenta sembra solo allo spreed e ai suoi giochi politici. «Si tratta - ricorda don Francesco Soddu, Direttore di Caritas Italiana - di persone che fuggono da contesti di guerra, rispetto ai quali abbiamo dei doveri internazionali di accoglienza. Se pensiamo a situazioni come quella del conflitto siriano, con milioni di rifugiati che cercano di salvare le proprie famiglie, anche fuggendo dai campi profughi, una domanda viene spontanea: - Perche l'Italia, come hanno già fatto altri paesi, non apre dei corridoi umanitari per far arrivare in sicurezza queste persone, con le loro famiglie, invece di costringerli nei fatti a mettersi in mano dei trafficanti di uomini e a rischiare la propria vita in mare?».
Dobbiamo fare di più nel nome del Vangelo e di San Francesco d’Assisi che in questi giorni abbiamo celebrato e come ci dice il Vangelo di oggi, «quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”».
don Maurizio