Anche oggi quell’ultima frase del Vangelo detta da Gesù «Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?», potrebbe suggerirci che siamo ancora nel tema della fede, c’è però un’insistenza sia nella pagina del libro dell’Esodo, sia in quella evangelica che ci porta al tema della preghiera. Nella pagina dell’Esodo Israele sa che non basta la forza militare per vincere Amalék! Perché il sentimento profondamente radicato contro Israele che ha Amalèk non può essere paragonato all’odio di altri antisemiti. Solo in epoca moderna noi possiamo dire che il nazismo lo superò con il dramma della shoah termine ebraico che significa «tempesta devastante» profetizzata in Isaia 47, 11 dove si legge: “Ti verrà addosso una sciagura che non saprai scongiurare; ti cadrà sopra una calamità che non potrai evitare. Su di te piomberà improvvisa una catastrofe che non prevederai.” E allora ecco Mosé che sale sul monte a pregare, a invocare il Signore. E’ un Mosé stanco, avanti negli anni, la sua preghiera è la preghiera dei deboli. Vero che pregare è un verbo che decliniamo spesso e volentieri quando siamo in situazioni di povertà, necessità e di bisogno, ma è altrettanto vero che la preghiera ci sorprende a volte in atteggiamento di pretesa, di sicurezza sprezzante, di superbia (come vedremo domenica prossima nella pagina evangelica). Le letture di oggi ci aiutano a recuperare allora quella dimensione di piccolezza e di umiltà della quale nelle ultime due domeniche abbiamo sottolineato l'importanza per definire le condizioni che "rendono possibile" la fede. La preghiera non è opera dei forti, ma dei deboli dice in un suo libro il priore di Bose Enzo Bianchi.
E’ la debolezza di Mosè che non riesce a tenere le braccia alzate ed è la debolezza di una vedova, debole perché donna, debole perché privata dell'affetto, dell'amore della sua vita.
Se c'è una "forza" che conta, nella vita, ci dicono le letture di oggi, non è la forza fisica, il peso politico, la raccomandazione, ma la forza che viene dalla fede, dallo stare saldi in Dio: forza che è perseveranza come ci ha detto San Paolo domenica scorsa: se perseveriamo, con lui anche regneremo.
La debolezza, e se volete le sue conseguenze che sono la sofferenza, la passione, la solitudine, perfino la morte non sono una sconfitta , ma ci dice sempre San Paolo un “sopportare con Lui", un compiere ciò che manca alla passione di Cristo, che è una passione salvifica! Forse è proprio la solitudine la prova più delicata! La capacità di lottare, sola contro tutti, di questa donna della quale l'evangelista Luca ci parla e mi pare di capire che la fatica e la lotta diventano allora chiavi di lettura importanti per quello che riguarda la nostra vita spirituale. Questa donna, senza volto e senza nome, direbbe Papa Francesco è la Chiesa, è la comunità cristiana nel suo insieme, perché la Chiesa non è 'il Chiesa': è “la” Chiesa, è donna e madre”, come ha ricordato alcuni giorni fa in un simposio in occasione del XXV anniversario della “Mulieris dignitatem”, la lettera apostolica pubblicata da Giovanni Paolo II nel 1988 sulla donna. Chiediamo al Signore oggi che ci insegni a pregare, in verità lo ha fatto con il Padre Nostro, proprio su una domanda insistente di uno dei suoi discepoli gli dissero: «Signore, insegnaci a pregare» .
don Maurizio