Il passo evangelico presentato in questa domenica è la conclusione del grande discorso missionario di Matteo. Queste ultime parole, però, non sono più rivolte ai missionari, ma a coloro che li accolgono. È come accogliere Gesù stesso. Di più: è come accogliere il Padre. Nel concetto di accoglienza è in primo piano l'aspetto di ascolto, di accettazione del messaggio che i missionari portano. Questo significa, appunto, accogliere un profeta come profeta. Non è una cosa facile, perché l'annuncio che il profeta porta provoca divisioni: la scelta pro o contro Cristo – una scelta che non tollera compromessi – divide l'umanità, la famiglia e il cuore di ciascuno. . Spesso vorremmo che i profeti ci aiutassero ad aggiustare i nostri compromessi e che giustificassero i nostri falsi pacifismi.
Ma il profeta su questo è intollerante. Ecco perché accogliere i profeti è difficile quasi come fare il profeta! Ed ambedue avranno lo stesso premio.
Ma l'accoglienza ha anche una seconda direzione: «Chi darà da bere anche solo un bicchiere d'acqua fresca a uno di questi piccoli...»: il tema dell'accoglienza dei piccoli è per l'evangelista un tema di primaria importanza tanto da farne la chiave della grande parabola del giudizio (25,31-46). Ma c'è ancor prima un altro tema: l'affermazione del primato assoluto del Regno di Dio. Ho detto «regno di Dio», ma l'espressione è qui impropria: Gesù parla infatti della sua persona («chi ama il padre più di me»). L'attaccamento a Gesù deve superare ogni altro legame. Il primato di Gesù non va solo affermato e riconosciuto a parole, ma concretamente nella sequela: «Chi non prende la sua croce e non mi segue, non è degno di me». Gesù è il Regno di Dio e la via per giungervi è la via della Croce.