I Vangeli non ci dicono molte cose della madre di Gesù, né ci fanno conoscere tante sue pa-role. Diverse sono le argomenta-zioni degli esegeti per giustifica-re questo discreto riserbo della rivelazione neotestamentaria nei confronti della Vergine Maria, madre di Dio. Tuttavia, gli even-ti della vita di Maria sono con-trassegnati da gioie grandi e da dolori altrettanto grandi. Questi ultimi, tuttavia, non possono es-sere visti come il prezzo richie-sto a Maria per il suo privilegio di essere Madre di Dio, ma costi-tuiscono il segno dell’associazio-ne e condivisione piena di Maria della vita e della missione del Figlio; associazione che ha coin-volto il suo corpo, dal quale il Figlio di Dio ha assunto la nostra umanità, e il suo spirito che ha fatto proprio tutta l’esperienza terrena di Gesù. È questo il sen-so dell’odierna Solennità della Beata Vergine Addolorata. Dal momento in cui con il suo “sì” a Dio, manifestato all’angelo, ebbe il suo primo contatto fisico ma-terno con il
Verbo incarnato ella non si separò mai più dal Figlio, vivendo all’unisono con lui, pur senza mai travalicare la sua condizione di creatura di fronte a Gesù, Figlio suo e Figlio di Dio , e senza mai essergli di inciampo nella sua missione redentrice. La fede consentì, tuttavia, a Maria di non dare mai ai suoi dolori il tono angosciante della disperazione. E di questo i Vangeli ci danno numerose testimonianze, evidenziando la sua permanente ac-cettazione della volontà di Dio, nella quale ella trovava sempre la sua pace. Dio accetta il sacrificio del Figlio, ma chiede alla madre di condividere con la sua sofferenza i patimenti del Fi-glio. Non mancano episodi della vita di Gesù in cui Maria ha dovuto bere anche lei il suo calice, non fosse altro per la neces-sità di stare nascosta per non essere di intralcio alla sua vita e al suo ministero , con tutta la pesantezza provocata dal fatto di non poter intervenire per essere di giovamento al Figlio. Imma-giniamo il dolore di Maria in tutto il contesto della passione, della quale possiamo pensare che sia stata nascosta testimone, sentendo nella sua carne insulti, flagelli, spine, croce, cadute, chiodi, crocifissione. In ogni momento, però, il suo dolore non l’ha schiacciata, ancorata com’era al rapporto unico con il suo Dio, che incontrava nel silenzio del suo cuore dove risolve va tutti i suoi interrogativi (cfr Lc 2,19). I Vangeli non ci narrano fatti in cui Maria ha pianto, ma possiamo facilmente pensare che le lacrime possano essere state un suo rifugio discreto e si-lenzioso in taluni momenti della vita sua e di quella del Figlio. Lacrime, però, non disperate, ma liberatrici, solidali, offerte e purificatrici; in alcune circostanze anche lacrime di commozio-ne gioiosa del cuore. Sempre lacrime come luogo di contempla-zione e di preghiera, avvalorate dalla certezza della promessa consolatoria di Dio: «Trattieni la voce dal pianto, i tuoi occhi dal versare lacrime, perché c’è un compenso per le tue pene [...]. C’è una speranza [...]» (Ger 31,16-17). Il momento culminante dell’esperienza dolorosa di Maria rimane, comunque, la sua presenza sotto la croce di Gesù, dove la contempliamo in piedi, in atteggiamento sacerdotale, pronta a ricevere in Giovanni la custodia della Chiesa tutta, dopo aver portato a compimento l’offerta del Figlio. Il Golgota è, allora, anche il tempo e il luogo del martirio di Maria, come testimonia il canto al Vangelo dell’odierna liturgia della Parola : «Beata la Vergine Maria, perché senza morire meritò, sotto la croce, la palma del martirio».
Mons. Domenico Mogavero