Il brano del Vangelo odierno segue immediatamente la narrazione dell’ ingresso trionfale del Signore a Gerusalemme.
Tutti sembrano averlo accolto, persino alcuni Greci, di passaggio, vanno a rendergli omaggio. Da una parte chiedono a Filippo «Signore, vogliamo vedere Gesù». Dall’altra già si delinea il rifiuto, il tradimento, la croce! Questo è il contesto in cui Giovanni comincia il racconto della Passione. Come in natura, il chicco di grano muore per generare una nuova vita, così Gesù, con la sua morte, riconduce tutto quanto al Padre.
Non è l’acclamazione del popolo che farà venire il Regno, ma il consenso del Padre.
Il ministero e l’insegnamento di Gesù testimoniano che egli è venuto da parte del Padre. In Gesù si realizza la profezia di Geremia che ci è offerta oggi dalla prima lettura, un’alleanza non scritta su tavole di pietra, esterna, fredda, ma “porrò la mia legge dentro di loro, la scriverò sul loro cuore. Allora io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo.
” La testimonianza della presenza del Signore Gesù nella nuova Gerusalemme che andiamo costruendo e che è il Regno corre di bocca in bocca, di cuore in cuore ….”… Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù.”
Ed è una testimonianza che si fonda sulla logica del binomio morte-vita, come si esprime Gesù nel Vangelo di oggi:
“In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna.”
Parole non facili, è così facile, lo vediamo in questo nostro tempo bagnato dal sangue, rispondere alla violenza con violenza, ma i tanti martiri cristiani, ha detto Papa Francesco, “… ci ricordano che bisogna mettere Cristo al di sopra di tutto e non scendere a compromessi con la fede”.
“La suprema bellezza del mondo è quella accaduta sulla collina fuori Gerusalemme, quando l'infinito amore si lascia inchiodare in quel niente di legno e di terra che basta per morire. E poi risorgere, germe di vita immortale. Perché ciò che si oppone alla morte non è la vita, è l'amore.” (Padre Ermes Ronchi)
don Maurizio