Fratelli e sorelle, Gesù, giunto circa a metà della sua vita pubblica, rivolge ai discepoli una domanda su se stesso: “Voi chi dite che io sia?”. L’episodio, presente in tutti e tre i vangeli sinottici, interroga anche noi che abbiamo ascoltato la proclamazione del Vangelo in questa santa Liturgia.
Prendiamola sul serio questa domanda e non illudiamoci di avere già risposto, perché dobbiamo essere coscienti che a Dio non si risponde con un “si” o con un “no”, ma con tutta la vita. E allora ci domandiamo: quale risposta ha dato Sant’Antonio a questa domanda? Quale risposta sta dando la nostra vita?
Sant’Antonio è un santo venerato in tutto il mondo. Io ne sono testimone sia per l’incontro con tanti devoti di tutto il mondo che giungono in pellegrinaggio nella sua Basilica a Padova, sia per quelli che ho incontrato in alcuni viaggi compiuti. È conosciuto come il Santo dei miracoli. Ed è vero: lui i miracoli sembra strapparli con grande facilità dalle mani di Dio. Quante storie in questi quattro anni mi è stata data la possibilità di ascoltare: malati guariti; incidentati riamasti illesi; mamme gioiose per i figli che hanno ritrovato la strada di casa; coppie frustrate nel desiderio di paternità e maternità, che hanno avuto la gioia di abbracciare un figlio e non di rado due contemporaneamente; divisioni in famiglia improvvisamente e inaspettatamente riconciliate, ma soprattutto conversioni autentiche. Questi ultimi sono i miracoli più difficili. È più facile, infatti, dare fecondità ad una coppia sterile, che convertire certi cuori induriti nel male e nella lontananza da Dio… e potrei aggiungere alla lista ancora altro.
Ma sant’Antonio non è grande per questo, fratelli e sorelle. Non lo è certamente davanti a Dio e non lo deve essere nemmeno per noi. Egli è grande, perché a Dio ha detto il suo sì con tutto la vita. Un sì detto in giovane età, quando decise di deludere le attese della famiglia, che lo voleva cavaliere del re terreno, entrando tra i canonici di sant’Agostino per diventare cavaliere di Dio. Un giovane, che rimase tale non solo perché morì a 36 anni, ma perché era pieno della giovinezza di Dio.
Il percorso spirituale che lo porterà a diventare sant’Antonio di Padova, uno dei grandi santi della storia cristiana, non fu privo di prove, di fatiche. Egli, come Mosè alla guida del popolo eletto verso la terra promessa, sperimenterà piccole e grandi delusioni, che lo costringeranno a rivedere il suo rapporto con Dio e a capire sempre di più che Dio gli chiedeva non di farsi santo, ma di lasciarsi fare santo. Comprenderà che nell’obbedienza a Dio, nell’accoglienza dei suoi imperscrutabili disegni, nell’adesione piena alla volontà divina è la vera pace, la vera salvezza.
Possiamo immaginare che Gesù più volte abbia chiesto a sant’Antonio: Chi sono io per te? Non sarà stato difficile per Antonio dare una risposta a livello teorico, visto che era un uomo di vasta cultura, ma, come per tutti noi, ben più arduo sarà stato dare una risposta che provenisse dal più profondo del cuore. Quando ci si innamora di una persona veniamo attratti in un primo momento dalle cose che appaiono, poi, man mano che il cammino continua insieme la nostra conoscenza diviene più profonda e ciò che prima ci pareva importante diviene secondario e ciò che resta è l’essenziale: l’amore ricevuto a cui si risponde amando e dando la vita. «Prima di diventare santo, Antonio fu un generosissimo ma irrequieto cercatore della via verso Dio, e proprio in questa inquietudine sta il tratto di maggiore attualità della sua figura per l’uomo d’oggi» (Pivetti, Antonio cavaliere di Dio)
Gesù, ponendo ai suoi discepoli e oggi a noi la domanda: “Per te chi sono io?” Intende sapere se siamo aperti e disponibili ad ascoltare la sua parola, che è rivelazione del Padre che sta nei cieli. Vuol sapere se può costruire sulla roccia della nostra fede la nuova umanità che è venuto ad inaugurare, una umanità fatta di fratelli. Vuol sapere se ci può dare le chiavi della misericordia cioè le chiavi del cielo: le chiavi di casa sua. Vuole sapere se siamo disposti a seguirlo sulla strada della croce, che è la strada del dono di sé: “Se qualcuno vuol venire dietro a me, smetta di pensare a se stesso. Prenda la sua croce e mi segua”. Vuol sapere se siamo disposti a cambiare mentalità, modo di interpretare la vita, se siamo disposti a spendere la nostra vita per lui e i fratelli: “Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; chi perderà la propria vita, la salverà”.
Fratelli e sorelle, solo l’amore crea, diceva S. Massimiliano Kolbe, discepolo di Francesco d’Assisi e di Antonio di Padova, solo l’amore salva, solo il dono di noi stessi rende bella la vita, perché, facendoci uscire dal nostro egoismo che tiene sepolta nelle tenebre la nostra vera identità, fa trasparire sempre di più ciò che in realtà siamo: immagine e somiglianza di Dio, capaci di amare come Dio ama, capaci di eroismo nell’amore.
Gesù ci parla al cuore e ci dice come può essere importante ogni croce, ogni sacrificio che incontriamo, se li portiamo con Lui. Ci rivela la verità profonda della vita, una verità che non è facile capire, ma che quando la si vive diventa una luce e un tesoro prezioso: Chi vuol vivere la sua vita solo per sé, per il suo egoismo, per i suoi interessi, la perde; chi invece "perde", cioè vive la sua vita per il Signore, per il vangelo, per il bene degli altri, la salva, cioè la realizza nella maniera più piena e duratura. Così ha fatto sant’Antonio, così fanno ogni giorno tante anime belle che diffondono la bontà, la fede, l'amore del Signore. Siate anche voi tra queste belle anime e troverete sempre dalla vostra parte Antonio di Padova.
Fra Enzo Maria Poiana, Rettore della Basilica di Sant’Antonio