La parabola evangelica ci parla di una storia che si ripete, potremmo dire da quando è comparso l’uomo sulla terra: “C'era un uomo ricco sfondato e c'era un povero mendicante e straccione; c'erano vestiti di porpora e di bisso e c'era una coperta di piaghe; c'era un'infinita abbuffata e c'era una brama di briciole avanzate.”
Quest'uomo ricco la tradizione lo ha chiamato "epulone", che non è un nome proprio, ma significa "banchettatore": è un mangione di professione; non mangia per vivere ma vive per mangiare e somiglia tanto al re Erode, di cui parla l'evangelista Marco, che racconta il sontuoso banchetto in suo onore nel giorno del compleanno, poi finito con l’uccisione del Battista. Quanta di questa gente vediamo, malata di applausomania, che si gonfia a dismisura facendosi acclamare come Dio, gente che ci governa, mangia alle spalle del popolo, della gente che a stenti va avanti e perde il posto di lavoro. Ma mentre il ricco “epulone”non ha nome, (cioè non è niente e nessuno!), il povero si chiama Lazzaro, nome che viene da Eleazaro, e significa "Dio aiuta". Questo Lazzaro di fronte al quale forse qualche volta anche noi facciamo gli epuloni, rassomiglia tanto a Gesù che - dice Paolo - da ricco che era, si fece povero (2Cor 8,9), si svuotò di sé assumendo la condizione di servo, anzi di doulos, cioè di schiavo (Fil 2,7s). Anche il tratto delle piaghe di Lazzaro richiama Gesù, perché - afferma s. Pietro citando il Profeta - "per le sue piaghe noi siamo stati guariti" (Is 53,5; 1Pt 2,25).
Potremmo chiederci, io epulone? Beh! anche se possiamo godere di un benessere magari giusto, sudato e sacrosanto, viviamo in un occidente opulento e violento che con i suoi sprechi grida vendetta al cospetto di Dio e umilia i poveri. Ciò che oggi manca (anche dentro al Chiesa) è uno stile di semplicità, ma soprattutto l’eco di parole profetiche! A questo proposito ricordo le parole di don Tonino Bello: "Cari cristiani questo digiuno lasciatelo fare a noi. Ci potrà servire come mezzo per ottenere qualcosa di immediato. Voi piuttosto fatene un altro: un digiuno che sia profezia. Astenetevi non tanto da un pasto, ma dall'ingordigia, dal sopruso, dalla smania di accaparrarsi, dalle collusioni disoneste con certe forme di potere. Più che privarvi di un piatto, privatevi del lusso, dello spreco, del superfluo: ci vuole più coraggio. Più che non toccare un pane, dividete il pane: il pane delle situazioni penose dei disoccupati, degli sfruttati, dei disperati che ci stanno attorno. L'altro digiuno lasciatelo fare a noi".
don Maurizio