E’ un luogo comune dire “basta la salute”, ma invece non basta ci dice oggi il Vangelo, essere guariti non significa essere salvati. Dei lebbrosi, solo uno su dieci sperimenta la salvezza, si sente dire da Gesù «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!». Gli altri hanno una salute/guarigione che prima o poi verrà meno, che non risolve la grande domanda sulla nostra salvezza, sul nostro futuro.
Quei nove che non ritornano da Gesù, li potremo chiamare ingrati, sono l’immagine di un cristianesimo molto diffuso, che ricorre a Dio come a un guaritore dei malanni del momento ma del quale poi ci si dimentica molto presto, è invocato nel momento del bisogno, ma per il resto è tenuto lontano dalle nostre scelte di vita, dalla nostra famiglia, salvo poi arrabbiarsi e tirarlo in ballo quando qualcosa va storto nei nostri progetti. I nove sono rimasti chiusi nella loro distorta visione di Dio, guariti dalla lebbra sulla pelle, non vedono neppure la lebbra che hanno nel cuore.
Il loro dio è quello delle soluzioni impossibili, il potente da corrompere e convincere, non il Dio che, nella guarigione, testimonia che è davvero venuto ad abitare in mezzo a noi, nella nostra vita, a camminare con noi. Gesù, dice il Vangelo nella sua traduzione originale, sta salendo verso Gerusalemme, col volto indurito, deciso a rendere testimonianza al Padre. Il presagio della fine, la difficoltà invece di abbatterlo, non fa' che motivarlo ancor di più e spingerlo al dono totale di sé.
Forse è questo il messaggio anche per noi, la difficoltà del nostro tempo dovrebbe esser vista di più come un’occasione per rafforzare la nostra proposta, la nostra testimonianza, per trovare “linguaggi nuovi” piuttosto che per essere tentati di mollare, per abbatterci dentro uno scenario indubbiamente deludente. E poi dal Vangelo emerge forte un altro messaggio. Nella nostra vita è sufficiente avere la salute? No! Abbiamo bisogno di gioia vera, comprensione, tenerezza e non solo, che in termini religiosi chiamiamo “salvezza”. Non disprezziamola questa salvezza, non disprezziamo i “mezzi” per accoglierla e farne esperienza, mezzi che sono i sacramenti e la vita della Chiesa che come ci ricorda il Concilio é in questo mondo il sacramento di salvezza. Possa davvero questa parola, farci ritornare sui nostri passi, riandare a quell’incontro con il Signore che ha segnato anche la nostra vita, ma del quale forse troppo facilmente ci siamo dimenticati.
don Maurizio