Quasi eco dei giorni del ricordo che abbiamo celebrato una settimana fa, la liturgia insiste ancora sul mistero della risurrezione, sul senso della vita, sulla vita nuova che ci attende, ma che possiamo vivere fin da ora nella speranza e nella concretezza dell’amore. Nella pagina un po’ strana del Vangelo di oggi, i sadducei cercano di mettere in imbarazzo Gesù, cercano di dimostrare con un esempio limite che l'idea della risurrezione è ridicola ed è estranea alla Scrittura, una specie di superstizione popolare. Rispondendo, Gesù cita il libro dell’Esodo andando alla radice del problema, la fede, cioè in che Dio tu credi? “Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe”, Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui».
Gesù si rifà alla fedeltà di Dio, se Egli ama l'uomo, non può abbandonarlo in potere della morte.
Se per caso anche noi dovessimo avere idee strane in proposito, Gesù afferma che la vita dei morti sfugge agli schemi di questo mondo presente: è una vita diversa perché divina ed eterna.
La risurrezione è un salto qualitativo. Si tratta di un'esistenza nuova, in questa nuova dimensione è tutto l’uomo (persona) che entra, non solo l'anima, Luca parla di risurrezione, non di immortalità. La beatitudine eterna, per stare alla parola di Gesù, non è semplicemente un potenziamento e prolungamento delle gioie terrene … ma il compimento di tutte le attese che l'uomo ha sulla terra -e anzi infinitamente di più -, ma su un piano diverso. L’amore non sarà cancellato, ma vissuto in un altro modo, non è concepibile che proprio nel Regno di Dio, regno dell’amore, nella Gerusalemme celeste tutto venga cancellato, ma sarà trasformato, trasfigurato, sottratto a tutti quei limiti che segnano la vita sulla terra e questo in tutte le relazioni umane, non solo in quella evocata oggi dalla pagina evangelica. Il messaggio in fondo è questo, noi crediamo in un dio non delle religioni, della natura, tanto meno limitante l’uomo, in un dio di una religione del Libro, ma nel Dio di Gesù, nel Dio dei viventi … la domanda è: ci credo io? E io, sono vivo? Credo nel Dio dei vivi solo se la fede è ricerca, non stanca abitudine, doloroso e irrequieto desiderio, non noioso dovere, slancio e preghiera, non rito e superstizione. È vivo, se mi lascio incontrare come Zaccheo, convertire come Paolo, che, dopo il suo incontro con Cristo, ci dice che nulla è più come prima.
Chiediamo al Signore il dono di questa fede.
don Maurizio