A conclusione del lungo discorso della montagna, le Beatitudini, forse la pagina più impegnativa dei Vangeli, che ci parlava dell’essenzialità della nostra fede, e del loro commento che ci ha accompagnato in queste domeniche, Gesù oggi ci pone davanti il cuore del problema:
chi è veramente suo discepolo? Chi salverà la propria vita?
E il Vangelo è molto esplicito, «Non chiunque mi dice: Signore, Signore… », non basta dire, pregare, praticare le opere della fede, ma bisogna fare, operare, metterci del proprio, legare l'ascolto e la vita, la proclamazione e celebrazione del Vangelo e l’umana quotidianità.
«Porrete nel cuore e nell’anima queste mie parole; ve le legherete alla mano come un segno e le terrete come un pendaglio tra gli occhi. » con queste parole l’autore del libro del Deuteronomio ci invita ad avere sempre presente la Parola di Dio, non nella forma occasionale quando ci serve per servircene, non ristretta nei tempi del rito e della festa, ma nella concretezza della nostra vita, nei momenti in cui siamo chiamati a decidere di tante cose, perché una Parola che non entra nella vita, nelle decisioni, nelle scelte, è una parola inutile.
E questa Parola ci é vicina dice l’autore sacro, da tenere fissa fra gli occhi e nel cuore; una Parola che ci è data perché diventi benedizione, non perché ci complichi la vita o magari ce la intristisca.
Com’è difficile! Questi ultimi giorni di carnevale ci suggeriscono che c’è un tempo sì per metterci la maschera, ma è limitato, non può durare sempre come sembra sia diventata oggi la vita delle persone, altrimenti la parola di Dio viene resa inefficace, la fede svuotata, l’esperienza religiosa alienante.
La vicina Quaresima, questo tempo di deserto ci aiuta a ritrovare una credibilità, una coerenza, in primis ascoltando con gratuità, al di là della Messa domenicale, la Parola, ma nello stesso tempo cercando con impegno, aiutandoci a vicenda, di metterla in pratica nel segreto e nel concreto della nostra vita.
Allora sì la nostra casa, relazioni, vita di fede, sarà fondata sulla roccia, avrà una stabilità che le “bore” di turno, come la città di Trieste ha in questi giorni ha drammaticamente sperimentato, non potranno farci più paura.
don Maurizio