«Gesù andava attorno per tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe e predicando la buona novella del regno e curando ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo». (Mt 4,23)
Sembra proprio che Papa Francesco spinga il suo sguardo e il suo cuore alla "Galilea" delle genti, ai lontani cioè che possono essere geograficamente e fisicamente anche vicinissimi, ma con il cuore distanti dal Signore e dalla sua Chiesa. E' nella logica del Vangelo scegliere gli ultimi, non tagliarli fuori, dar loro attenzione come ha fatto Gesù di Nazareth. Lo fa per predicare la buona novella del Vangelo, lo fa con parole semplici, "feriali", alla portata di tutti e così capaci di affascinare. Curando la malattia che un po' tutti ci portiamo dentro, la perdita della speranza. Infatti nella sua prima messa delle Palme nella sua omelia sottolineò con forza, anche ripetendo due volte la frase: "Per favore non lasciatevi rubare la speranza, quella che ci dà Gesù", E poco prima aveva detto che il "diavolo è pronto a inserirsi nei momenti di scoraggiamento", per questo ci incoraggia continuamente, per non dar spazio all’avversario, ma unicamente al Signore.
Pare proprio di risentire le parole di don Tonino Bello:
«Amate la vita, perché lì è perfetta letizia: non tanto nell'essere amati ma nell'amare. Ricordate che non essere amati non è una tragedia; è il non amare la tragedia. E perfetta letizia sta nel servire, non nell'essere serviti. Questa è la sapienza: da "sapere", sapore, gusto, sale. Questo è il sale della vita: amare! Amate la gente, i poveri e Gesù Cristo.»