La comunità di Gradisca ha ricordato giovedì scorso nella chiesa di San Valeriano don Silvano Pozzar nel sesto anniversario della sua morte.
Presenti un discreto numero di persone e anche la sorella del sacerdote defunto.
Nel corso della sua breve omelia il celebrante, prendendo lo spunto dal Vangelo del giorno evocando l’immagine del sale che se diventa insipido con che cosa lo si potrà salare, ha affermato che Cristo é preoccupato dal rischio che corrono i suoi discepoli, allora come oggi: l'assenza di radicalità nella scelta evangelica, tenere insieme una vaga appartenenza al Vangelo e la logica di questo mondo. In altre parole Gesù teme l'atteggiamento malsano che ci rende molto esigenti verso gli altri e troppo comprensivi con noi stessi. Possiamo dire, ha detto don Maurizio, che la vita di don Silvano ha avuto un po’ questa caratteristica, la sua presenza portava quel sapore che sapeva di Vangelo, di cose semplici, della presenza di un Dio misericordioso e comprensivo. Questa sera vorremmo chiedere al Signore di conservare il sapore della vita che è la fede, di rimanere ancorati a lui per portare sapore alle cose che facciamo senza compromessi.
Ricordando poi un passaggio dell’omelia dell’arcivescovo ai suoi funerali, ha concluso, don Silvano…«Aveva uno stile inconfondibile. È stato vicino alla sua gente, restando fedelmente al suo posto di guardia, umile e grande servitore del popolo cristiano. Così facendo, però, ha trascurato la sua vita e così anche la sua salute. Le parole della pagina del giudizio universale di Matteo dobbiamo dircelo ben si addicono a lui ‘Avevo fame e mi hai sfamato, avevo sete e mi hai dissetato, avevo freddo e mi hai dato un vestito’. Don Silvano è stato l’esempio del parroco tipico della tradizione della Chiesa goriziana, nella fedeltà di un servizio quotidiano tutto impostato alla carità pastorale, che ha saputo dare risposta ai bisogni più profondi del cuore umano, scegliendo non lo scintillio delle mode, ma lavorando in silenzio e con serietà’. Il ricordo del parroco rimane vivo nella comunità gradiscana per le relazioni umane intessute, scevre da qualsiasi formalismo clericale.