IN MEMORIA DELL’ARCIVESCOVO P. A. V. BOMMARCO
Giovedì 16 luglio, festa della Madonna del Carmine, alle ore 19.00 in Duomo, Santa Messa solenne nella festa della Madonna del Carmelo e memoria dell’11° anniversario della morte dell’Arcivescovo Padre Antonio Vitale Bommarco.
Accompagneranno il rito i Sacri Cantores Theresiani.
Nel corso della Messa solenne ci sarà la benedizione e l'imposizione degli scapolari a coloro che li chiederanno.
Di seguito il ricordo di padre Enzo Poiana.
11° Anniversario della morte di p. Antonio Vitale Bommarco, frate minore conventuale, Arcivescovo metropolita di Gorizia
L'11° anniversario di P. Antonio Vitale Bommarco è per me un’occasione buona per fare grata memoria dell’Arcivescovo, a cui devo in parte la mia risposta positiva alla vocazione che il Signore aveva messo nel mio cuore già da bambino. Ebbi modo di partecipare al pellegrinaggio diocesano a Roma in occasione della sua ordinazione episcopale avvenuta per le mani di papa Giovanni Paolo II, oggi annoverato nella schiera dei santi, il 6 gennaio 1983 in San Pietro. Sapevo del nuovo Arcivescovo quello che avevo potuto leggere su "Voce Isontina". Sapevo che era un francescano, ma siccome per me i francescani erano i frati minori di Cormòns, espressi in pullman le mie felicitazioni all’allora Guardiano del Convento di san Leopoldo, il quale mi chiarì che il nuovo Arcivescovo era sì francescano, ma di un ramo diverso dal suo. Così imparai che il francescanesimo si esprimeva a livello maschile in diversi rami e con diversi abiti religiosi. Quando arrivai a Roma ed il pullman imboccò via della Conciliazione mi prese una forte emozione al vedere per la prima volta dal vero la maestosità della piazza e della Basilica di san Pietro. In attesa dell’inizio della celebrazione vidi passare P. Bommarco attraverso il corridoio centrale della Basilica diretto all’altare della Confessione, probabilmente per ricevere insieme agli altri ordinandi le ultime indicazioni in vista del rito. Riconobbi subito l’Arcivescovo e lo indicai ai presenti, che cordialmente applaudirono insieme con me, riuscendo a bloccare per un attimo l’Arcivescovo eletto e a ricevere così il suo saluto. Guadandolo più da vicino, mi sembrava di averlo già visto. Lo guardai ancora quando, dopo il rito di ordinazione, l’Arcivescovo e gli altri ordinati sfilarono benedicenti lungo la navata centrale, ma a vederlo così rivestito dei paramenti pontificali, l’intuizione di averlo già incontrato mi svanì e pensai di averlo confuso con un'altra persona. La cosa si risolse nel 2007: in ricordo del 25° anniversario della vista pastorale di Papa Giovanni Paolo II a Padova e alla Basilica, toccò al sottoscritto organizzare gli eventi celebrativi. Guardando le foto d’archivio di quella visita, ne trovai una in cui, dopo il pranzo, il P. Bommarco, allora Ministro generale dell’Ordine, accompagnava il Papa al portone del chiostro della Magnolia per farlo salire sulla “papa mobile” ferma nel piazzale della Basilica. Lì, insieme con alcuni giovani del mio paese, c’ero anch’io. Non potendo entrare in Basilica per la Messa, ci eravamo accomodati sul sagrato proprio vicino alla loggetta della Scuola del Santo da cui il Papa a mezzogiorno recitò l’Angelus. Mi era rimasto impresso nella memoria il volto di quel frate che ricevette un caloroso ed affettuoso abbraccio da parte del Papa prima che egli risalisse sulla vettura.
Seppi dopo, dalla viva voce dello stesso Arcivescovo quando viveva ormai in comunità con me a Trieste, che il viaggio di ritorno a Roma lo fece insieme al Pontefice e che proprio in quell’occasione il Papa stesso lo incoraggiò ad accettare l’ordinazione episcopale, che sarebbe stata resa pubblica due mesi dopo.
Lo rividi successivamente il giorno del suo ingresso in Cattedrale a Gorizia. Don Armando Zorzin, allora segretario e maestro delle cerimonie, mi aveva chiamato a leggere una intenzione della preghiera dei fedeli. Un mese dopo l'Arcivescovo venne nel Duomo di Cormòns per incontrare il Decanato. Al termine della Messa, mi venne incontro e mi disse: «È vero che eri in Seminario?». Io risposi di sì. «Desidero incontrarti personalmente» mi rispose. E mi invitò a pranzo a casa sua. Da lì iniziò per me una nuova avventura, che mai avrei immaginato.
Negli anni che seguirono ebbi modo di conoscerlo meglio e di apprezzare la sua fede e la sua dinamicità, che a volte poteva anche sconcertare e disturbare. Egli non era certo l’uomo del “si è sempre fatto così” o dello “stemo boni, femo niente”. La dinamicità di P. Bommarco, saldamente ancorata alla sua fede semplice e profonda, coltivata in una vita spirituale intensa, scaturiva da un amore sincero per Dio e per il prossimo e la salvezza delle anime. Era una fede che gli permetteva di proiettarsi con fiducia e speranza nel futuro, facendogli affidare il proprio e l’altrui passato alla misericordia di Dio, il presente al suo amore e il futuro alla sua provvidenza. Una fede che aveva succhiato con il latte materno. Da bambino, quando pregava con la zia - lo testimonia la sorella Gianna -, i suoi fratelli, esuberanti per l’età, cercavano di distrarlo dal suo raccoglimento, senza però riuscirci.
La fedeltà dell’Arcivescovo alla preghiera distribuita nell’arco della giornata (ufficio divino, santa Messa, adorazione eucaristica e S. Rosario) costituisce per me ancora oggi una lezione di vita.
Una preghiera la sua non fine a se stessa, non per sé, ma che lo rendeva disponibile al servizio dei fratelli, all’accoglienza delle persone, anche quelle un po’ “strambe”.
E tutto questo con la coscienza viva di non aver corrisposto pienamente alla grazia di Dio. L’invito che san Francesco rivolse ai frati poco prima di morire: «Cominciamo, fratelli, a servire il Signore Iddio, perché finora abbiamo fatto poco o nessun profitto» (1Cel. 103), era scolpito nella sua memoria come consolazione e come sprone per ricominciare sempre con nuovo entusiasmo.
«Nella mia vita ho più ricevuto che donato, ho toccato con mano che ogni uomo è portatore di una ricchezza e a lui si deve andare incontro, per Amore. Ecco perché ho scelto, come motto del mio servizio episcopale, le parole di S. Massimiliano Kolbe: ”Da’ te stesso agli altri: questo è Amore”». Sono queste le parole con le quali P. Bommarco, frate minore conventuale e arcivescovo metropolita di Gorizia, spiegò il motivo della scelta del motto episcopale. Riascoltandole dentro di me, ho l'impressione di intravvedere un filo rosso che percorre tutta la sua esistenza. Infatti, nella sua vita di frate, di sacerdote e di vescovo, egli seppe guardare con realismo pieno di speranza la realtà della Chiesa e di ogni uomo. Realismo, speranza e fedeltà mi sembrano la concretezza dell’amore.
Questa testimonianza vuole esprimere ancora una volta la mia profonda gratitudine a P. Antonio Vitale Bommarco, perché se oggi sono frate e sacerdote è anche per merito suo. Egli mi ha ritrovato e rimesso in cammino. Da lui ho ricevuto il sacramento dell’Ordine del diaconato e del presbiterato. Con lui ho percorso un tratto di strada, alla sua preghiera mi affido perché mi aiuti a custodire il dono che ho ricevuto.