In questo nostro tempo abbiamo assistito ad un indebolimento di quelle realtà chiamate a sostenere la famiglia, per la verità da decenni si invocano delle leggi a sostegno della stessa che altrove, in paesi più laici sono una realtà, qui da noi, paese di forte tradizione cattolica sono purtroppo inesistenti. E da ultima la legge Monti sulle aperture domenicali dei negozi che come riferisce l’Ascom, coinvolge un comparto formato al 95% da imprese che contano un numero massimo di dieci dipendenti e molte, addirittura, sono ad esclusiva conduzione familiare.
Per dare retta alle pressioni delle grandi multinazionali del commercio, che magari sventolano lo specchietto per le allodole di qualche assunzione precaria, si rischia di mettere in ginocchio proprio queste piccole imprese che danno lavoro stabile a migliaia di persone, ma soprattutto di “frullare” le relazioni familiari.
La domenica per la stragrande maggioranza delle persone è uno dei pochi momenti in cui la famiglia finalmente si ritrova “in tempi più distesi per ricostruire se stessa e le sue relazioni», indebolire anche questo aspetto ha detto il presidente della CEI «significa attentare alla società». La domenica va dunque riscoperta e vissuta come giorno di Dio e giorno in cui vivere insieme nella gioia di una comunità, questo garantisce per noi cristiani quello spazio di libertà che ci riscatta da tante pesantezze e rinunce, anche educative, della settimana lavorativa.
La domenica ha radici lontane. Già nell’antico testamento, nella Bibbia il tempo non è tutto uguale, ma a volte ci sono "tempi santi" (in ebraico "kadosh", cioè "diverso", distinto dalle cose ordinarie). E questa distinzione la ritroviamo nel comandamento “ricordati di santificare la festa", in modo che l'eterno di Dio entri nel tempo dell'uomo. La festa è così una sospensione del tempo ordinario, un momento in cui si ricorda il passato nel rito e ci si riposa dalle fatiche quotidiane. A differenza del pensiero greco, per l'ebraismo il tempo non è "l'immagine mobile dell'eternità, ma l'eternità in movimento". In questo quadro si capisce perché per l'ebreo il "giorno del Signore è più importante della casa del Signore".
Per l'Ebraismo, la festa nasce dalla creazione, è il giorno in cui Dio si riposa dalla fatica della creazione, è il giorno che va dedicato alla contemplazione della bellezza del creato senza compiere alcuna azione, perché essa rischierebbe di alterare l'armonia voluta da Dio.
La domenica cristiana riprende molti motivi dal sabato ebraico, anche se il suo significato teologico è quello legato alla Pasqua, alla risurrezione di Gesù, che avvenne il "primo giorno dopo il sabato". Per il cristiano la domenica, "dies Domini" (giorno del Signore), è l'oggi della vita nuova, è l'anticipazione del mondo redento da Gesù Cristo.
La domenica diventa così il "kadosh", il renderla diversa da tutti gli altri giorni, è l'interruzione del ciclo produttivo della nostra vita quotidiana, con al centro il memoriale dell'Eucaristia.
Che la domenica lavorativa poi non aumenti i consumi lo dicono espressamente gli economisti e i laici, perché allora disprezzare così la famiglia, sradicare un dono prezioso e una conquista millenaria, quella cioè che l’Uomo vale più del sabato, come ricorda anche Gesù nel Vangelo con la famosa frase: “"Il sabato è stato fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato" (Mc 2,27).? Tutt'al più nella logica odierna della libertà dell’individuo, la domenica lavorativa sia volontaria, perché questa apertura indiscriminata non porta da nessuna parte se non peggiorare la situazione della vita sociale.
In questi giorni il Vescovo di Milano, coinvolto in prima persona nell’incontro mondiale delle famiglie di Milano che non a caso ha per tema “Il lavoro e la festa” così si è espresso in questi giorni:
«Non ci sembra opportuno aprire tutti gli esercizi e i negozi la domenica in modo indiscriminato». E ancora: «Prima di sacrificare il riposo domenicale bisogna riflettere bene», perché la concezione della domenica «scaturisce dall'esperienza di tanti secoli non a caso». E «l'intelligenza dell'esperienza» è «potente» perché «contrappone i fatti».
Che bello sarebbe sentire una parola autorevole in tal senso, a difesa delle famiglie, anche dai nostri Pastori, magari da quel Convegno di Aquileia 2 che forse ha creato tante aspettative ma rischia di lasciare tante attese disattese, potrebbe essere una di quelle parole forti che sono da “dire” e non più soltanto da “ascoltare”.
Don Maurizio Qualizza