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Sintesi dell' intervento di mons. Vincenzo De Gregorio, Preside del Pontificio Istituto di Musica Sacra sul tema “Quale musica per la Liturgia? Criteri per la scelta dei canti nella Celebrazione” nel corso del Convegno di Venerdì 21 ottobre in Aula Paolo VI.
In Italia ci sono circa 25.000 parrocchie e cosa succede la domenica in tutte queste?
Questo per far comprende di quale realtà stiamo parlando di quale sia il peso della liturgia, di quanto sia capillare sul territorio una realtà di una chiesa che celebra e siamo eredi di una straordinaria storia.
Cosa intendiamo per musica: nel nostro caso è innanzitutto un'esperienza di fede illuminata dalla gioia, la gioia estetica che scuote le fibre più profonde dell'esistenza. Non estetica da sentimentalismo o superficiale. La musica e la liturgia hanno un altro carattere: il carattere orante ci fa essere in relazione gli uni con gli altri, vale a dire essere e sentirsi comunità, famiglia di Dio, Chiesa. Essere chiesa, quando preghiamo porta con sé un risultato: citando Levito 19, e Deuteronomio 24, libri che parlano del culto, si richiama la conseguenza del culto, far sì che il cuore si apra e si apra al mondo. La nostra preghiera si faccia carità e divenga nel mondo testimonianza viva di verità, di libertà, di giustizia e di pace.
La musica di cui parliamo è codifica con le armonie che conosciamo: rock, swing, tango, valzer ecc., ma tutto questo è nato in chiesa. I nostri antenati, quanti hanno cantato, nei secoli, prima di noi sono stati i protagonisti di questa straordinaria storia di cultura. La chiesa, grazie alla chiesa, ha elaborato il linguaggio musicale più perfetto e complesso che l'umanità abbia conosciuto. Stiamo parlando di musica ma lo stesso ragionamento vale per l'arte in genere.
Quindi citando il vangelo di Giovanni: il verbo si è fatto carne è la chiesa ne ha fatto arte. Perché nella chiesa occidentale si è creato un meccanismo che ha la sua ragione d'essere in un personaggio chiave: papa Gregorio Magno, (che non ha composto nulla, ma in quei pochi anni che è stato papa, in quel preciso momento storico 590 in cui ...., resta a Roma come il ponte per tutto quello che in Europa si sta creando. Gregorio porta avanti il suo ruolo di papa ma lo coniuga con il suo ruolo di sentire l'umanità il rapporto con i popoli che nasce della cultura romana lo ius gentium. Ogni missione che viene mandata in europa è composta da un Vescovo, un retore, un grammatico e un cantore. Ma non per colonizzare, ma per evangelizzare. I vescovi sono invitati a scegliere da ogni chiesa tutti gli usi, consoni alla fede, per fonderli assieme. L'idea di universalità dell'umanità che la chiesa ha recepito diventa, coniugandosi con la mentalità romana, una visione che attraverso anche l'arte fa si che si elabori una straordinaria storia di cultura nella quale la musica entra e diventa un elemento fondamentale della nostra vita liturgica.
Nei secoli si sono avvicendati vari stili d'arte, si pensi alla pittura o all'architettura, questo perché la chiesa non ha mai detto questo si questo no per ogni espressione d'arte e così anche per la musica. Si è passati dal gregoriano, che come tutte le cose della nostra storia umana ha avuto un inizio, uno sviluppo e un momento di fine alla polifonia a due voc,i poi a polifonia più complessa. La chiesa non ha mai detto no.
Il papato diventa poi un potere sovrano è un re con la sua corte, i suoi ambasciatori ecc., e come tutti i sovrani avrà la sua cappella privata non solo come luogo per celebrare ma anche cappella musicale e da qui nascono le famose cappelle. Il canto diventa per specialisti mentre il popolo di Dio rimane in “silenzio”. Anche questo diventa un momento nel quale si incarna la storia liturgica nella chiesa ma con un zona che potremmo definire di ombra: il sopravvivere della lingua latina nella liturgia della chiesa occidentale, in un senso ha creato un disagio: l'assenza del popolo che partecipa alla liturgia direttamente; per un altro verso ha creato un “percorso specialistico”.
Questo fatto il mantenimento della lingua liturgica ha creato un disagio: le prime messe in italiano sono di circa 50 anni fa e sembravano un avvenimento straordinario, questa storia, grazie al fatto che la chiesa che ha creato spazio e ha recepito il tempo. Ora il tempo crea spazio spirituale.
Quale è la nostra musica? E’ quella del tempo che viviamo una musica che crei una sensazione interiore, tutta la musica crea sensazione interiori ma per noi deve essere di sostegno alla preghiera e di sostegno alla Parola. Il nuovo di ogni arte è diventato l'oggi della chiesa perché solo cosi vi spiegate stili diversi nell’architettura, in chiesa di stili diversi delle arti figurative, in chiesa di stili diversi della musica, in chiesa con una osservazione che si rifà al fatto che la nostra liturgia è un atto di amore verso l’umanità: in un contesto di povertà in chiesa ha potuto attingere il senso della bellezza di un bel quadro di una bella musica anche se fatta da altri.
Allora quale musica per la liturgia? Non vi dirò solo la musica classica, chi può dire che una chitarra, se ben suonata, non sia adatta in chiesa perché non in tutte le 25.000 parrocchie c'è la possibilità che ci sia un qualcuno che suoni, magari anche preparato. Se c'è solo un ragazzino che sa fare quattro accordi con la chitarra il parroco lo deve cacciare? No bisogna misurarsi sulla realtà. Quindi quale musica oggi? Quella che possiamo elaborare. Quale è il nostro compito: cercare il più possibile di formarci, di informarci e di chiedere alla musica che cantiamo nella liturgia innanzitutto una fedeltà alla parola, fedeltà al testo come risultato della parola ascoltata.
Giovanni Maria Rossi usava raffigurare questo concetto in 3 parole:
insonanza: la parola di Dio è entrata dentro di noi
personanza: ognuno di noi diventa persona
consonanza: la consonanza e quello che ci fa essere capaci di dire Padre nostro che sei nei cieli, non Padre mio.
Qui è la logica della nostra musica in chiesa quella che può essere fedeltà alla parola e farci essere persone che ascoltano mediante il canto persone che a volte diventano interpreti a volte cantano insieme e diventano coro. L'ultimo di questi tre aspetti, la consonanza, la vivete nella vostra esperienza di coro.
Infine un pensiero per i preti che hanno vissuto una vocazione tarda, e che non provengono da un formazione seminaristica ma hanno fatto altre percorsi scolastici diversi e, nell'ambito liturgico possono avere dei vuoti da colmare quindi abbiamo bisogno di essere attenti e vicini a chi, responsabile della celebrazione a volte non ha gli strumenti, ed è un po' compito anche vostro, senza sbuffare e senza criticare ad aiutare il prete ad essere interprete di questi bisogni di queste esigenze.
Mons. De Gregorio ha poi risposto ad alcune domande:
la prima se nella scelta dei canti, oltre a criteri oggettivi, va tenuto conto chi si ha di fronte.
Uno dei criteri è anche a chi devo cantare, dobbiamo essere sensibili alle persone che cantano fino ad un certo punto. Il problema nasce quando noi imponiamo delle cose, il coro che canta per il suo gusto del suo repertorio... è questione di equilibrio. Una proposta può essere accompagnare il percorso di catechesi per la prima comunione con un percorso che insegni un po' di canti per la liturgia non grandi canti, anche le risposte cantate alla messa, ma questo può insegnare l'abitudine a cantare anche a messa.
La seconda tra le altre riguarda il canto gregoriano ove i documenti ecclesiastici indicano che è il gregoriano è il modello da seguire …. in cosa consiste lo spirito del canto gregoriano?
Il canto gregoriano non è mai stato il canto del popolo di Dio, il gregoriano è importantissimo ma è stato un canto per specialisti. Ma diventa esemplare per un semplice motivo perché nella sua parte essenziale e quello che esprime ed interpreta la parola. Dobbiamo essere rispettosi del gregoriano di quello che veramente è stato di quello che veramente è nella nostra storia; è un modello ed è una grande storia che merita studio e rispetto. Per un coro fare un po' di gregoriano e poi magari avere la fortuna di fare di più e meglio ancora ben venga ma il gregoriano non deve essere l'elemento in base al quale tutto il resto viene cacciato fuori.
In Italia ci sono circa 25.000 parrocchie e cosa succede la domenica in tutte queste?
Questo per far comprende di quale realtà stiamo parlando di quale sia il peso della liturgia, di quanto sia capillare sul territorio una realtà di una chiesa che celebra e siamo eredi di una straordinaria storia.
Cosa intendiamo per musica: nel nostro caso è innanzitutto un'esperienza di fede illuminata dalla gioia, la gioia estetica che scuote le fibre più profonde dell'esistenza. Non estetica da sentimentalismo o superficiale. La musica e la liturgia hanno un altro carattere: il carattere orante ci fa essere in relazione gli uni con gli altri, vale a dire essere e sentirsi comunità, famiglia di Dio, Chiesa. Essere chiesa, quando preghiamo porta con sé un risultato: citando Levito 19, e Deuteronomio 24, libri che parlano del culto, si richiama la conseguenza del culto, far sì che il cuore si apra e si apra al mondo. La nostra preghiera si faccia carità e divenga nel mondo testimonianza viva di verità, di libertà, di giustizia e di pace.
La musica di cui parliamo è codifica con le armonie che conosciamo: rock, swing, tango, valzer ecc., ma tutto questo è nato in chiesa. I nostri antenati, quanti hanno cantato, nei secoli, prima di noi sono stati i protagonisti di questa straordinaria storia di cultura. La chiesa, grazie alla chiesa, ha elaborato il linguaggio musicale più perfetto e complesso che l'umanità abbia conosciuto. Stiamo parlando di musica ma lo stesso ragionamento vale per l'arte in genere.
Quindi citando il vangelo di Giovanni: il verbo si è fatto carne è la chiesa ne ha fatto arte. Perché nella chiesa occidentale si è creato un meccanismo che ha la sua ragione d'essere in un personaggio chiave: papa Gregorio Magno, (che non ha composto nulla, ma in quei pochi anni che è stato papa, in quel preciso momento storico 590 in cui ...., resta a Roma come il ponte per tutto quello che in Europa si sta creando. Gregorio porta avanti il suo ruolo di papa ma lo coniuga con il suo ruolo di sentire l'umanità il rapporto con i popoli che nasce della cultura romana lo ius gentium. Ogni missione che viene mandata in europa è composta da un Vescovo, un retore, un grammatico e un cantore. Ma non per colonizzare, ma per evangelizzare. I vescovi sono invitati a scegliere da ogni chiesa tutti gli usi, consoni alla fede, per fonderli assieme. L'idea di universalità dell'umanità che la chiesa ha recepito diventa, coniugandosi con la mentalità romana, una visione che attraverso anche l'arte fa si che si elabori una straordinaria storia di cultura nella quale la musica entra e diventa un elemento fondamentale della nostra vita liturgica.
Nei secoli si sono avvicendati vari stili d'arte, si pensi alla pittura o all'architettura, questo perché la chiesa non ha mai detto questo si questo no per ogni espressione d'arte e così anche per la musica. Si è passati dal gregoriano, che come tutte le cose della nostra storia umana ha avuto un inizio, uno sviluppo e un momento di fine alla polifonia a due voc,i poi a polifonia più complessa. La chiesa non ha mai detto no.
Il papato diventa poi un potere sovrano è un re con la sua corte, i suoi ambasciatori ecc., e come tutti i sovrani avrà la sua cappella privata non solo come luogo per celebrare ma anche cappella musicale e da qui nascono le famose cappelle. Il canto diventa per specialisti mentre il popolo di Dio rimane in “silenzio”. Anche questo diventa un momento nel quale si incarna la storia liturgica nella chiesa ma con un zona che potremmo definire di ombra: il sopravvivere della lingua latina nella liturgia della chiesa occidentale, in un senso ha creato un disagio: l'assenza del popolo che partecipa alla liturgia direttamente; per un altro verso ha creato un “percorso specialistico”.
Questo fatto il mantenimento della lingua liturgica ha creato un disagio: le prime messe in italiano sono di circa 50 anni fa e sembravano un avvenimento straordinario, questa storia, grazie al fatto che la chiesa che ha creato spazio e ha recepito il tempo. Ora il tempo crea spazio spirituale.
Quale è la nostra musica? E’ quella del tempo che viviamo una musica che crei una sensazione interiore, tutta la musica crea sensazione interiori ma per noi deve essere di sostegno alla preghiera e di sostegno alla Parola. Il nuovo di ogni arte è diventato l'oggi della chiesa perché solo cosi vi spiegate stili diversi nell’architettura, in chiesa di stili diversi delle arti figurative, in chiesa di stili diversi della musica, in chiesa con una osservazione che si rifà al fatto che la nostra liturgia è un atto di amore verso l’umanità: in un contesto di povertà in chiesa ha potuto attingere il senso della bellezza di un bel quadro di una bella musica anche se fatta da altri.
Allora quale musica per la liturgia? Non vi dirò solo la musica classica, chi può dire che una chitarra, se ben suonata, non sia adatta in chiesa perché non in tutte le 25.000 parrocchie c'è la possibilità che ci sia un qualcuno che suoni, magari anche preparato. Se c'è solo un ragazzino che sa fare quattro accordi con la chitarra il parroco lo deve cacciare? No bisogna misurarsi sulla realtà. Quindi quale musica oggi? Quella che possiamo elaborare. Quale è il nostro compito: cercare il più possibile di formarci, di informarci e di chiedere alla musica che cantiamo nella liturgia innanzitutto una fedeltà alla parola, fedeltà al testo come risultato della parola ascoltata.
Giovanni Maria Rossi usava raffigurare questo concetto in 3 parole:
insonanza: la parola di Dio è entrata dentro di noi
personanza: ognuno di noi diventa persona
consonanza: la consonanza e quello che ci fa essere capaci di dire Padre nostro che sei nei cieli, non Padre mio.
Qui è la logica della nostra musica in chiesa quella che può essere fedeltà alla parola e farci essere persone che ascoltano mediante il canto persone che a volte diventano interpreti a volte cantano insieme e diventano coro. L'ultimo di questi tre aspetti, la consonanza, la vivete nella vostra esperienza di coro.
Infine un pensiero per i preti che hanno vissuto una vocazione tarda, e che non provengono da un formazione seminaristica ma hanno fatto altre percorsi scolastici diversi e, nell'ambito liturgico possono avere dei vuoti da colmare quindi abbiamo bisogno di essere attenti e vicini a chi, responsabile della celebrazione a volte non ha gli strumenti, ed è un po' compito anche vostro, senza sbuffare e senza criticare ad aiutare il prete ad essere interprete di questi bisogni di queste esigenze.
Mons. De Gregorio ha poi risposto ad alcune domande:
la prima se nella scelta dei canti, oltre a criteri oggettivi, va tenuto conto chi si ha di fronte.
Uno dei criteri è anche a chi devo cantare, dobbiamo essere sensibili alle persone che cantano fino ad un certo punto. Il problema nasce quando noi imponiamo delle cose, il coro che canta per il suo gusto del suo repertorio... è questione di equilibrio. Una proposta può essere accompagnare il percorso di catechesi per la prima comunione con un percorso che insegni un po' di canti per la liturgia non grandi canti, anche le risposte cantate alla messa, ma questo può insegnare l'abitudine a cantare anche a messa.
La seconda tra le altre riguarda il canto gregoriano ove i documenti ecclesiastici indicano che è il gregoriano è il modello da seguire …. in cosa consiste lo spirito del canto gregoriano?
Il canto gregoriano non è mai stato il canto del popolo di Dio, il gregoriano è importantissimo ma è stato un canto per specialisti. Ma diventa esemplare per un semplice motivo perché nella sua parte essenziale e quello che esprime ed interpreta la parola. Dobbiamo essere rispettosi del gregoriano di quello che veramente è stato di quello che veramente è nella nostra storia; è un modello ed è una grande storia che merita studio e rispetto. Per un coro fare un po' di gregoriano e poi magari avere la fortuna di fare di più e meglio ancora ben venga ma il gregoriano non deve essere l'elemento in base al quale tutto il resto viene cacciato fuori.
Giubileo delle Corali Un'esperienza indimenticabile quella vissuta dal Coro parrocchiale di Gradisca a Città del Vaticano in occasione del Giubileo delle corali
Giubileo delle Corali Il Giubileo dedicato a tutti gli animatori della Liturgia.
All'evento partecipa una rappresentanza del Coro parrocchiale di Gradisca d'Isonzo, diretto da Vanni Boscarol.
VIDEO
Il Coro parrocchiale al Giubileo delle Corali Esperienza indimenticabile per il gruppo corale, che - fra l'altro - ha partecipato all'Udienza giubilare del 22 ottobre ed assistito all'Angelus domenicale di Papa Francesco.
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